Cecilia nomina quale difensore un giovanissimo avvocato di Catanzaro, Giuseppe Raffaeli, il quale tramite una intelligente e persuasiva arringa dimostrò che il Ferrajolo era morto per tisi. I medici non riconobbero il suo male, trattandolo con cure sbagliate che lo portarono al decesso; e che le erbe, i minerali e le ossa ritrovati nell’abitazione di Cecilia non erano altro che utili a medicamenti.